The road to iBIM: il BIM nel Regno Unito

Il mondo delle costruzioni è ancora in attesa della pubblicazione del decreto che renderà il BIM (Building Information Modelling) obbligatorio, entro certi termini, per gli appalti pubblici[1]. Tale decreto era stato preannunciato dal Nuovo Codice Appalti (d.lgs. 50/2016) che aveva rimandato al Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti il compito di definire modalità e tempi della progressiva introduzione del BIM negli appalti pubblici[2].
Tutto questo per dire che al momento in Italia, dal punto di vista della normazione, l’unico risultato concreto è la norma UNI 11337 di cui sono state recentemente pubblicate in maniera ufficiale le parti 1, 4 e 5. Ma in Europa esistono dei contesti in cui l’adozione del BIM è già imposta, per determinati progetti, anche a livello legislativo. In questo senso a farla da padrone è il Regno Unito, che mi consento di far ritenere europeo anche in tempi Brexit.
Il Regno Unito infatti si è dotato negli ultimi anni di una struttura e di un approccio alla materia fatto di un insieme di strumenti che lo hanno posto in pole position nel vecchio continente. Ovviamente non è l’unico Stato ad aver raggiunto una certa maturità, gli stati Scandinavi gli fanno buona compagnia. Tuttavia la portata, in termini economici, che l’industria delle costruzioni inglese può vantare[3], fornisce un ulteriore motivo per considerare la definizione di BIM di Sua Maestà con particolare attenzione.
Questo contributo intende inquadrare il contesto britannico per l’implementazione del BIM. La trattazione non scenderà pertanto nel dettaglio dei diversi documenti, ma aspira a definire chiaramente il framework nel quale possa orientarsi chiunque volesse mettere il naso nel ricco menu proposto dal Regno Unito.

Il triangolo evolutivo del BIM
Lo schema sotto riportato (fig. 1) costituisce probabilmente lo strumento più immediato per cercare di comprendere, dal punto di vista delle norme e degli standard, il piano di progressiva implementazione del BIM varato dal Regno Unito.

Fig. 1 – Bew-Richards maturity model, 2008. Lo schema rappresenta il piano evolutivo che il Regno unito si è imposto rispetto alla gestione del processo edilizio attraverso la metodologia del Building Information Modeling. La linea rossa identifica il risultato che il Governo UK ha definito come requisito minimo obbligatorio per tutti i progetti pubblici, da raggiungere entro il 2016. Al di sotto della freccia grigia sono indicati gli standard di riferimento per il raggiungimento dei diversi maturity Level. Si noterà che l’evoluzione descritta dal triangolo è accompagnata da una riga di testo che segue l’evolvere dei livelli di conoscenza: drawings, lines, arc, text, etc. per l’era CAD, un climax di models, objects, collaboration, integration, interoperable data per la fase BIM (da qui la traduzione del termine ‘iBIM’ proposta nel testo).

Come si può notare, il “triangolo evolutivo” pensato dagli inglesi per la loro industria delle costruzioni è stato suddiviso in quattro livelli, numerati dallo 0 al 3. Tralasciando la fase Homo Habilis identificata nell’era CAD e la successiva evoluzione CAD 2D e 3D descritta dal cosiddetto Level 1, ciò su cui mi concentrerò è il Level 2, di cui gli addetti ai lavori saranno stanchi di sentir parlare.
Il Level 2 definisce lo stato di consapevolezza (maturity, detta all’inglese) che dal 2016 il Governo britannico richiede come requisito minimo per gli appalti pubblici. In realtà questa prescrizione risale al lontano 2011, precisamente all’emanazione della UK Government Construction Strategy nella quale si specificava che:
          “Government will require fully collaborative 3D BIM as a minimum by 2016”[4].
Negli anni successivi l’espressione fully collaborative 3D BIM è stata tradotta in BIM Level 2, ma la sostanza non cambia: oggi nel Regno Unito i progetti pubblici devono essere affrontati secondo metodologia BIM e gli attori coinvolti devono adottare un approccio e degli strumenti definiti. Oggi, in poche parole, il Regno Unito è arrivato alla linea rossa del triangolo evolutivo.
Perfetto. Ma in cosa consiste un approccio BIM? E quali sono gli strumenti di processo da utilizzare?

The Eight Pillars
La risposta la troviamo facendo un giro fra i cosiddetti 8 pilastri (the eight pillars), un insieme di tools che hanno l’obbiettivo di fare di un progetto… un progetto BIM. Ho usato volutamente il termine tools perché non discriminare fra norme, protocolli, sistemi di classificazione, ecc. Il mio consiglio è di prendere gli otto pilastri semplicemente come otto strumenti che, se implementati, permettono di sostenere un processo edilizio integrato e collaborativo. Di seguito li trovate elencati[5]:

1. PAS 1192-2:2013 – Collaborative production of information; Specification for information management for the capital/delivery phase of construction projects using building information modelling.
2. PAS 1192-3:2014 – Collaborative production of information; Specification for information management for the operational phase of assets using building information modelling.
3. BS 1192-4:2014 – Collaborative production of information; Fulfilling employer’s information requirements using COBie – Code of practice.[6]
4. PAS 1192-5:2015 – Collaborative production of information; Specification for security-minded building information modelling, digital built environments and smart asset management.
5. BIM Protocol
6. Government Soft Landings
7. Digital Plan Of Works
8. Uniclass 2015

A questi pilastri, in realtà, dovrebbe essere aggiunto lo strumento di base costituito dalla norma:

BS1192:2007+A2:2016 – Code of practice – Collaborative production of architectural, engineering and construction information[7]

la cui adozione era già prevista per il raggiungimento del già citato Level 1 e che affronta il tema generale della produzione interdisciplinare collaborativa delle informazioni senza trattare nello specifico il tema del BIM.

PAS 1192-2:2013 e PAS 1192-3:2014 – Regole per la gestione del processo
Se dovessi ordinare gerarchicamente gli otto pilastri, quasi certamente metterei questa la PAS 1192-2 al primo posto. In buona sostanza, e spero che gli esperti mi perdoneranno se tendo a banalizzare, la PAS 1192-2 definisce come debba essere condotto il processo edilizio gestito attraverso metodologia BIM per le fasi di progettazione e costruzione dell’opera. Si può dire che la norma delinei il mondo in cui ci dovremmo calare (o dovremo calare altri) quando saremo chiamati a far parte di un progetto (o gestire un progetto) in cui il BIM è scelto come mezzo di governo del processo.
In questo senso la norma introduce tutta una serie di strumenti, nascosti dietro una sfilza di acronimi, con i quali si sarà sicuramente trovato ad aver a che fare chi è già stato impegnato in progetti BIM collaborativi, soprattutto di livello internazionale (quindi verosimilmente tutti i progetti di BIM collaborativi): EIR, BEP, MIDP, CDE, tanto per citare i più importanti (fig. 2).
Trattare in poche righe anche solo di uno degli acronimi sopra citati sarebbe difficile. Pertanto, il mio consiglio a chi volesse approfondire il tema, non tanto della modellazione informativa, ma di processo edilizio integrato e collaborativo, è quello di partire da una lettura dettagliata di questa norma.
La PAS 1192-2 introduce anche la versione d’oltremanica dei livelli di dettaglio/sviluppo/ecc. dei modelli e degli oggetti BIM. La norma parla di LOD (Level of Model Detail) per il contenuto geometrico e di LOI (Level of Model Information) per il contenuto informativo, entrambi definiti su una scala da 1 a 6.
La PAS 1192-3 rappresenta invece la versione post-construction della PAS 1192-2, ovvero la sua gemella con riferimento alla fase d’uso dell’opera. Essa regola quindi la conduzione del processo secondo metodologia BIM per quanto concerne l’operation & maintenance dell’edificio.

Fig. 2 – Information Delivery Cycle, PAS 1192-2:2013. Questo schema apparentemente complesso illustra come dovrebbe essere il processo edilizio gestito attraverso metodologia BIM. Il primo step è la redazione di un EIR (Employer’s Information Requirements), ossia, semplificando, un documento in cui il committente esprime gli obbiettivi informativi che intende ottenere con la realizzazione del progetto. Il Lead Designer o Main Contractor ‘capo-cordata’ risponde, a nome della filiera di professionisti che rappresenta (la cosiddetta supply chain), alle richieste dell’EIR attraverso un BEP (BIM Execution Plan) pre-contract award, ovvero precedente all’aggiudicazione del progetto. A progetto aggiudicato, sarà elaborato un BEP post-contract award per definire, all’interno del team di professionisti, un piano operativo di gestione del processo BIM. Parte integrante di questo BEP è il MIDP (Master Information Delivery Plan), finalizzato ad organizzare e gestire la trasmissione delle informazioni e degli elaborati nel corso del progetto. Definiti gli aspetti organizzativi, l’attività tecnica può iniziare secondo le fasi stabilite, nel rispetto dei data drop precisati, sia interni al team di professionisti che verso il committente. Tutte le comunicazioni, gli scambi degli elaborati e dei modelli, le approvazioni, ecc. saranno gestite all’interno di una piattaforma di collaborazione, il CDE (Common Data Environment). Il risultato del processo porterà alla produzione di un PIM (Project information Model), in contrapposizione al modello che maturerà nella fase d’uso dell’opera, l’AIM (Asset Information Model).

BS 1192-4:2014 – Lo scambio delle informazioni attraverso COBie
La BS 1192-4 è la norma che regola l’utilizzo di COBie nello scenario UK. Rimando qui per una trattazione puntuale di COBie.
Va sottolineato come questo documento segni la netta differenza fra l’implementazione di COBie proposta dagli americani, gli ideatori dello standard, e quella degli inglesi. Questi ultimi, infatti, impongono l’utilizzo di COBie per lo scambio delle informazioni fra le diverse fasi del progetto per tutti i progetti e per tutti i prodotti, derogando dalle limitazioni definite dallo standard originario.
Concedendomi un’opinione personale, questa scelta potrebbe generare non pochi problemi, forzando diversi attori del processo (professionisti e soprattutto imprese) a dover incasellare a forza delle informazioni in uno standard che non è pensato, e quindi non è adatto, per questo. Peraltro generando un risultato che rischia di essere del tutto inutile.
Ad ogni modo una maggiore consapevolezza del tema a livello nazionale, che maturerà automaticamente di progetto in progetto, potrà portare ad una definizione condivisa delle richieste informative di COBie, facilitando l’adozione di questo standard.

PAS 1192-5:2015 – La sicurezza digitale
La norma specifica i requisiti necessari a garantire la sicurezza digitale nell’implementazione della metodologia del BIM collaborativo, evidenziando i pericoli e definendo dei livelli di sicurezza previsti alle diverse fasi del processo.

BIM PROTOCOL – La gestione degli aspetti contrattuali
Il BIM Protocol è un documento contrattuale specificamente rivolto al tema della modellazione informativa prodotto dal Construction Industry Council[8] (CIC). Questo documento si inserisce in una zona grigia dello scenario BIM internazionale, quello legato agli aspetti legali derivanti dall’adozione della modellazione informativa. Il BIM Protocol integra i documenti contrattuali normalmente redatti prevedendo, oltre ad una serie di prescrizioni fisse, la compilazione di due appendici specifiche di progetto:

  • appendix 1: relativo alla definizione degli stage di progetto, dei LOD utilizzati e alla emissione (in funzione della fase di progetto, del LOD e del soggetto responsabile) dei modelli disciplinari;
  • appendix 2: relativo alla gestione del processo dal punto di vista informativo sotto diversi punti di vista: gli standard utilizzati, le figure coinvolte, il Common Data Environment, prescrizioni tecniche per la modellazione, procedure da applicare nel corso del processo di modellazione informativa, ecc.


GOVERNMENT SOFT LANDINGS (GSL) – Beginning with the end in mind
I GSL sono un insieme di documenti pubblicati nell’aprile del 2013 dal BIM Task Group[9]. Il proposito generale dei GSL è quello di garantire che i bisogni dell’utilizzatore finale siano considerati e presi in carico sin dalla prima fase di concepimento dell’opera, attraverso l’adozione di un processo finalizzato ad allineare le fasi di design e construction con quella di facility & asset management. Il fine ultimo è pertanto quello ridurre al minimo il gap fra l’esecuzione e l’uso dell’opera, rendendo il più fluido possibile l’evolvere del processo edilizio. Questi stessi princìpi e quelli dei Soft Landings pubblicati da BSRIA e UBT[10] hanno portato alla pubblicazione della norma BS 8536:2015 – Briefing for design and construction. Code of practice for facilities management (Part 1: Buildings infrastructure – Part 2: Linear and geographical infrastructure). 

DIGITAL PLAN OF WORK (DPOW) E UNICLASS 2015 – Strumenti per l’organizzazione e la codifica del processo
Il Digital Plan of Work è uno strumento di pianificazione del progetto. Esso prevede la scomposizione del progetto per fasi e, per ciascuna fase, prevede che vengano definite le attività da svolgere e le richieste informative (geometriche e non) con riferimento al soggetto responsabile di queste. La digitalizzazione di questo, che non è altro che uno strumento di Project Management, costituisce parte integrante di un approccio BIM al progetto in quanto ne permette la condivisione e la consultazione da parte di tutti gli attori del processo.
Uniclass 2015 è un sistema di classificazione specifico per l’industria delle costruzioni sviluppato da NBS[11]. Uniclass 2015 è un’evoluzione della precedente Uniclass 2, disponibile in versione bozza dal 2011. Attraverso questo sistema di classificazione, il Regno Unito si è dotato di un sistema unificato per la codifica di: Complexes, Entities, Activities, Spaces/locations, Elements/functions, Systems, Products, Tools and Equipment, CAD (altri ambiti di classificazione sono in fase di consultazione).
NBS ha inoltre sviluppato un’applicazione web-based l’NBS BIM Toolkit che permette di realizzare un Digital Plan of Work codificando i deliverable previsti alle diverse fasi del processo secondo i codici Uniclass.

DOPO IL LEVEL 2 – Il futuro del BIM nel Regno Unito
Il grafico mostra i risultati di una ricerca riportata nel National BIM Report 2016, realizzato da NBS. La ricerca ha indagato quali fra gli standard/pubblicazioni venissero utilizzati dalle organizzazioni intervistate. Lo standard più utilizzato è lo Unified plan of work stages, ovvero sia un sistema condiviso per la suddivisione in fasi del processo edilizio come quello proposto dal RIBA nel 2013 (www.ribaplanofwork.com/). Per coloro che avessero la curiosità di dare uno sguardo allo stato di avanzamento nell’adozione del BIM nel Regno Unito, il National BIM Report 2016 è scaricabile all’indirizzo: www.thenbs.com/knowledge/national-bim-report-2016. In primavera verrà pubblicata l’edizione 2017 del Report.

In conclusione a questo contributo, do ragione del titolo dell’articolo: l’iBIM costituisce il prossimo step del programma evolutivo BIM proposto dal Governo UK. Pur non essendo riuscito a trovare una fonte certa in cui sia riportato il significato preciso della ‘i’ di iBIM, credo di non andare troppo distante dalla volontà di Mark Bew e Melvyn Richards, facendo corrispondere quella ‘i’ con interoperable, che personalmente preferisco ad integrated.
La mia scelta è motivata, oltre che dalle note riportate sul diagramma (fig.1), dagli standard a cui il Level 3 fa riferimento. IFC (tema che potete approfondire qui), IDM, IFD sono tutti standard ISO che aspirano a creare uno scenario improntato all’interoperabilità, il cosiddetto openBIM. In un’ottica di openBIM lo scambio delle informazioni fra processi ed utenti diversi avviene senza perdite di dati anche tra software di case produttrici differenti, consentendo un’integrazione totale fra processi diversi.
In un momento in cui, anche sul suolo britannico, il raggiungimento del Level 2 non è così scontato, parlare di Level 3 può sembrare utopistico[12]. Tuttavia, aver identificato un traguardo (e che traguardo!) non può far altro che aiutare l’industria delle costruzioni britannica e coloro che si spendono nella sua innovazione ad avvicinare obbiettivi per altri inimmaginabili.

Link utili:


Note:

[1] Fonte Edilizia e Territorio – Quotidiano del Sole 24 Ore, articolo consultabile all’indirizzo: www.cngeologi.it/wp-content/uploads/2017/03/Edilizia-Territorio-Il-Sole-24-Ore-Bim.pdf
[2] D.lgs. 50/2016, art. 23, comma 13.

[3] Per un approfondimento consultare il rapporto FIEC (European Construction Industry Federation) del 2016, consultabile all’indirizzo: www.wko.at/Content.Node/branchen/oe/Geschaeftsstelle-Bau/Statistical-Report-2016.pdf
[4] Cabinet Office (2011), Government Construction Strategy, pg. 14.

[5] Il panorama normativo BIM nel Regno Unito è in continua evoluzione. Tempo fa si parlava in realtà dei “Seven pillars”, diventati otto con la pubblicazione della PAS 1192-5 nel 2015. A breve verrà pubblicata la PAS 1192-6 “Specification for collaborative sharing and use of structured hazard and risk information for Health and Safety”, attualmente in fase di consultazione. Infine, fra dicembre 2016 e gennaio 2017, una versione rivista della PAS 1192-2 è stata pubblicata per consultazione e ci si aspetta quindi che venga pubblicata presto una versione aggiornata.
[6] La differenza fra BS e PAS sta nel fatto che le norme BS (British Standard) sono un prodotto del British Standard Insitute e sono comparabili alle nostre norme UNI; le PAS (Publically Available Specification) sono norme prodotte su commissione con lo scopo di soddisfare necessità specifiche.
[7] Ad eccezione della BS 1192-4 e della PAS 1192-5, tutti gli strumenti citati possono essere liberamente scaricabili o comunque consultabili online.
[8] Come specificato all’interno del documento stesso, il BIM Protocol è stato sviluppato da Beale & Company, uno studio di avvocati che eroga servizi legali nell’ambito dell’industria delle construzioni, per conto del CIC e del BIM Task Group.
[9] Il BIM Task Group è un’istituzione del Governo del Regno Unito con l’obbiettivo di supportare il raggiungimento degli obbiettivi sanciti dalla Government Construction Strategy e rafforzare la capacità d’implementazione del BIM da parte del committente pubblico per raggiungere i requisiti richiesti dal Level 2. Per saperne di più: www.bimtaskgroup.org/
[10] BSRIA (acronimo di Building Services Research and Information Association) è un’organizzazione fondata nel 1955 che offre servizi di ricerca e consulenza nell’ambito dell’industria delle costruzioni. BSRIA in collaborazione con UBT (Usable Buildings Trust) ha prodotto un proprio Soft Landings Framework.

[11] NBS (aconimo di National Building Specification) è un’organizzazione specializzata nell’offrire specifiche tecniche innovative e soluzioni informative ai professionisti dell’industria delle costruzioni nell’evoluzione digitale. NBS è parte di RIBA Enterprise Ltd, a sua volta parte di RIBA (Royal Institute of British Architect).
[12] Nel frattempo nel febbraio 2015 è stato pubblicato da Digital Built Britain (una specie di spin-off del BIM task Group) il “Level 3 BIM – Strategic Plan” e nel marzo 2016 la “Government Construction Strategy 2016-20”.